Da bambino i miei genitori guidavano una Citroen Visa ed ero affascinato da tre lucine che passavano dal verde al giallo al rosso a seconda di quanto si premeva sull’acceleratore. Mio padre mi spiegò, penso quando avevo circa 3-4 anni, che l’auto era stata prodotta in un periodo, i primi anni 80, nel quale il petrolio costava moltissimo. I produttori di auto cercavano perciò anche con queste semplici lucine di aiutare i guidatori a risparmiare carburante segnalando loro in maniera intuitiva quanto stavano consumando.
Penso che quella fu la prima occasione della mia vita nella quale fui confrontato con il tema dell’energia, del petrolio e del risparmio energetico e da allora non smisi mai di interessarmi all’argomento, a maggior ragione quando compresi meglio il suo legame con altri due argomenti che mi affascinavano, l’economia e l’impatto dell’uomo sulla Natura.
Non è una novità che l’energia e il petrolio siano fondamentali, ma…
… all’università di Economia non mi insegnarono quale sia il vero legame tra energia ed economia. Il motivo è che neppure i professori universitari se ne rendono conto. Si limitano a considerare l’energia uno dei tanti settori economici di una società umana, non quello da cui dipende tutto il resto.
Quanto racconto in questo articolo deriva da una serie di podcast di Nate Hagens intitolata The Great Semplification.
La spiegazione scientifica dettagliata la trovate nel video seguente, ma vi anticipo che è molto ostica ed è pure in inglese, per questo ho deciso di pubblicare questo articolo in italiano, il primo credo su questo argomento in tutta Italia. Mi concentro sulle conclusioni e uso un linguaggio non tecnico. Il mio obiettivo non è scrivere un testo scientifico con argomentazioni inappuntabili ma spiegare al grande pubblico il risultato di queste ricerche in modo che possano agire di conseguenza, perché sono di enorme importanza.
Quello che tutti sanno sull’energia e il petrolio
Sappiamo tutti che l’energia elettrica è fondamentale per far funzionare una civiltà moderna e che può essere prodotta bruciando carbone e gas naturale oppure usando pannelli fotovoltaici, pale eoliche, turbine azionate dalla caduta di acqua, centrali nucleari ecc.
Sappiamo anche che il petrolio è così prezioso, utile e speciale perché è la fonte di diesel e carburante per aerei, entrambi ancora indispensabili per far funzionare i trasporti su camion, navi e aerei. Senza i trasporti internazionali un’economia moderna non può esistere, dovremmo tornare a più di cento anni fa quando le merci si spostavano soprattutto grazie ai treni, alle navi a vapore e perfino ai velieri.
Di recente stanno sviluppando camion elettrici a batteria ed altre tecnologie come l’ammoniaca per far funzionare le grandi navi senza petrolio ma sono ancora soluzioni di nicchia molto poco diffuse e per i viaggi aerei intercontinentali le alternative ai derivati del petrolio sono ancora più distanti. L’economia mondiale è quindi ancora totalmente dipendente dal petrolio.
Sappiamo infine che l’uso di carbone, gas naturale e petrolio è la causa principale dell’accumularsi di gas nell’atmosfera che portano la temperatura media del nostro pianeta ad aumentare costantemente con conseguenze negative già percepibili in tutto il mondo come siccità, carestie, inondazioni, incendi, desertificazione ecc.
Manca però un’informazione essenziale
Osservate il grafico seguente, cosa notate?
Tutti i paesi sono distribuiti lungo una diagonale che va da in basso a sinistra verso in alto a destra, mentre invece le aree in alto a sinistra e in basso a destra sono vuote. Scopriamo quindi che nessun paese molto popoloso al mondo è in grado di avere un elevato reddito pro capite con un basso consumo di energia pro capite (zona in basso a destra). La fonte è l’agenzia europea per l’ambiente. Ecco il link diretto al grafico.
I dati sui singoli paesi mostrano comunque una forte variabilità nel senso che sembrano esserci paesi più o meno efficienti nell’usare l’energia.
Se andiamo però ad analizzare le statistiche globali come nella figura sotto, il messaggio risulta molto più evidente e dimostra che la differenza tra i vari paesi è dovuta principalmente al fatto che i paesi apparentemente più efficienti importano energia sotto forma di prodotti lavorati o finiti. Ad esempio l’Italia ha ridotto le sue emissioni e il suo consumo di energia perché compra veicoli, acciaio e prodotti chimici dall’estero, quindi il relativo consumo di energia viene attribuito ai paesi esportatori. Fonte del grafico seguente.
Esiste una corrispondenza praticamente perfetta tra consumo mondiale di energia e prodotto interno lordo che è la misura della dimensione dell’economia mondiale. Ciò che finora era incredibilmente sfuggito agli economisti è la direzione di causalità nel grafico sopra:
È la disponibilità di energia (e di materie prime) a permettere la creazione di prodotto interno lordo, quindi solo aumentando il consumo di energia possiamo anche aumentare la dimensione dell’economia mondiale.
Non è quindi possibile il cosiddetto “disaccoppiamento” o in inglese “decoupling” tra crescita economica e crescita del consumo di energia e risorse naturali di cui si parla continuamente sui media. Si immagina un futuro nel quale l’economia mondiale continuerà a crescere pur riducendo il consumo di energia totale grazie all’efficienza energetica.
Nelle facoltà di Economia di tutto il mondo non si parla proprio di energia come fattore chiave produttivo. Ci si concentra invece sul capitale finanziario e sul lavoro degli esseri umani e si spiega che questi due fattori produttivi primari sono in parte sostituibili cioè un’economia può ottenere un certo livello di produzione sia investendo massicciamente capitali in tecnologia e macchinari sia, in alternativa, usando tecnologie più semplici ma tanto personale e ore di lavoro totali.
L’energia non entra in questa equazione sostanzialmente perché gli economisti considerano l’energia come una tecnologia. Hanno osservato infatti che nel corso della storia recente nuove tecnologie hanno sempre permesso di sostituire le fonti di energia precedenti che andavano ad esaurirsi. Ad esempio quando in Gran Bretagna scarseggiava il legname si è passati al carbone, poi al petrolio, al nucleare, al gas naturale e ora si punta sulle rinnovabili. Questo progresso continuo e in accelerazione li ha illusi che tali rivoluzioni energetiche continueranno in eterno e che non ci siano limiti intrinseci allo sviluppo energetico futuro, perciò si sono appunto concentrati sulla disponibilità di capitale e lavoro.
Nate Hagens e compagni hanno coniato il termine “Energy Blindness“, cecità nei confronti dell’energia per definire la poca attenzione degli economisti al tema dell’energia quando elaborano i loro modelli del funzionamento del nostro sistema economico. Al contrario ad esempio i generali e gli strateghi militari sono da millenni attentissimi all’energia, prima occupandosi di avere forniture sufficienti di cibo per gli eserciti a piedi e a cavallo, poi di petrolio per far funzionare carri armati, aerei e navi. Sia l’imperialismo giapponese che quello nazista erano mossi infatti anche dalla ricerca ossessiva di accesso a nuove fonti di petrolio.
Le implicazioni enormi di questa informazione
Innanzitutto scopriamo che, se non riusciamo ad aumentare di anno in anno il consumo di energia totale, non possiamo, a livello globale, far aumentare il prodotto interno lordo mondiale.
Le tecnologie di efficienza energetica fanno abbassare il costo dell’energia e così ci rimane più reddito disponibile. Sulla base di questo reddito aggiuntivo possiamo creare dal nulla nuovo denaro sotto forma di debito grazie alla finanza. Infine usiamo questo denaro aggiuntivo per investire in miniere, macchinari ecc. per produrre ancora più energia e quindi crescere economicamente.
Abbiamo un’alternativa: possiamo usare i risparmi finanziari ottenuti grazie all’efficienza energetica per estinguere i nostri debiti, sia personali, sia collettivi degli Stati o delle aziende, ma questo ha un effetto opposto a quanto spiegato nel paragrafo precedente. Anziché creare denaro dal nulla, lo distruggiamo e provochiamo un effetto recessivo. Per approfondire, fonte Wikipedia, “Balance Sheet Recession“. Questo conferma che non possiamo usare la maggiore efficienza energetica per ridurre i nostri consumi di energia e contemporaneamente far crescere l’economia.
Per contrastare rapidamente la crisi climatica dobbiamo ridurre drasticamente il consumo di petrolio, carbone e gas naturale nel giro di anni, non di decenni, ma siccome questi tre combustibili fossili rappresentano ad oggi la stragrande maggioranza dell’energia consumata dalla civiltà umana, il risultato è che dovremmo anche accettare un crollo dell’economia mondiale.
E le energie cosiddette rinnovabili? Sarebbe più corretto chiamarle “ricostruibili” per differenziarle dalle fonti fossili che una volta usate vanno perdute. Un pannello solare o una pala eolica non sono però eterni, durano dai 20 ai 30 anni, poi perdono buona parte della loro efficienza. Ricostruirli richiede energia e materiali e tanto denaro per compiere l’investimento iniziale nell’impianto. Inoltre dobbiamo anche costruire i sistemi di accumulo dell’energia intermittente del sole e del vento e questo aggiunge ulteriori costi e richiede altre materie prime che hanno bisogno a loro volta di energia per essere estratte e raffinate.
Esistono inoltre limiti alla quantità di minerali come il rame che è possibile estrarre dal pianeta ad un costo che ne supera il valore di mercato, quindi i limiti alla crescita non derivano solo dai limiti della biosfera e del clima, ma anche proprio dalle materie prime disponibili e accessibili per l’uomo. Al momento sembra difficile che noi possiamo sostituire al 100% l’attuale consumo di energia fossile in tempo per fermare la crisi climatica.
Più realisticamente possiamo aumentare la produzione di energia ricostruibile a basso impatto ambientale, quindi principalmente energia solare ed eolica, e contemporaneamente ridurre drasticamente l’economia mondiale così da avere sempre meno bisogno di energia fossile, la cui disponibilità è comunque in calo, come spiego in questo mio recente articolo.
Attenzione che in questo articolo ci siamo concentrati soprattutto sull’energia, ma il discorso è generalizzabile riguardo a tutte le risorse del pianeta, sia organiche che inorganiche. Abbiamo raggiunto il cosiddetto Overshoot, cioè abbiamo superato i limiti posti dalla Natura e dal pianeta alla nostra espansione come specie. Se non rientriamo rapidamente dentro questi limiti, saranno le leggi della fisica e della chimica a ridimensionarci, cioè ad ucciderci in massa.
In questo senso non dobbiamo considerare una cattiva notizia il fatto che l’umanità generi sempre meno figli e che la popolazione di grandi paesi come il Giappone, la Cina e l’Italia stia diminuendo. È un modo migliore di ridimensionare il nostro impatto sul pianeta rispetto ad essere uccisi in massa da carestie, ondate di calore e guerre per sottrarre cibo e acqua ai paesi vicini.
Dopotutto quello che conta è la quantità di energia e risorse disponibili pro capite, cioè per persona. Se riusciamo a ridurre la nostra economia e contemporaneamente le generazioni future saranno naturalmente meno numerose di quelle attuali, potremo conservare elevati standard di vita ed avere un pianeta più sano.