Al momento stai visualizzando Il coronavirus ha solo accelerato la crisi economica globale

“È difficile fare previsioni, soprattutto riguardo al futuro”. Diceva lo scienziato Niels Bohr.

Eppure è necessario tentare di prevedere cosa possa succedere nei mesi e negli anni a venire per poter compiere scelte di lungo termine e accelerare la soluzione della crisi climatica e ambientale che minaccia l’umanità.

Perfino la pandemia era un pericolo conosciuto da decenni come il riscaldamento globale, semplicemente i Governi hanno preferito non agire per tempo per prepararsi a fronteggiarla in maniera coordinata ed efficace.

Per le ragioni che spiegherò in questo articolo, la mia previsione è che la crisi economica globale scatenata dal Coronavirus abbia semplicemente anticipato una recessione economica di vaste proporzioni che era comunque inevitabile per via di tre tendenze che erano già in atto da anni, a partire dall’accumulo del debito pubblico.

1. Debito pubblico

Per fronteggiare la crisi economica scatenata dal Coronavirus, nel 2020 i Governi di tutto il mondo hanno scelto di ricorrere a valanghe di nuovo debito pubblico, ma erano decenni che la maggior parte degli Stati spendeva più di quanto incassava di tasse e copriva la differenza chiedendo sempre più denaro in prestito.

Si tratta di un trucco per spingere l’economia a crescere più rapidamente del normale e rinviare le decisioni difficili ai Governi successivi.

Come ha insegnato la vicenda della crisi economica della Grecia questo sistema ad un certo punto scoppia perché gli interessi da pagare ogni anno “mangiano” una percentuale crescente del bilancio dello Stato e quindi i nuovi prestiti non finanziano più la spesa pubblica utile allo sviluppo del paese ma coprono semplicemente il deficit di bilancio. Si innesca così un circolo vizioso.

Gli investitori all’inizio reagiscono a questa situazione chiedendo tassi di interesse superiori per coprirsi dal rischio (infatti l’Italia paga tassi di interesse più elevati della Germania per questo motivo), ma ad un certo punto perdono la fiducia e quindi smettono improvvisamente di prestare loro denaro, causando la bancarotta.

Perfino gli USA che hanno l’economia più dinamica e grande al mondo hanno una situazione debitoria critica con circa 25 mila miliardi di dollari di debito.

Anche se può sembrare incredibile, è possibile che in un futuro di pochi anni gli USA non saranno più in grado di pagare gli interessi sul debito, perché già adesso il 10% del bilancio federale annuale viene consumato per la restituzione degli interessi e questa percentuale crescerà ancora più rapidamente con la recessione economica causata dal COVID.

L’Italia si trova in una situazione ancora peggiore degli USA e si salva solo grazie all’aiuto dell’Unione Europea e della Banca Centrale Europea.

Il problema del debito pubblico è accentuato dal fatto che anche le aziende private, soprattutto negli USA, erano fortemente indebitate già prima dell’epidemia e così stanno fallendo a ritmo continuo.

Più aziende falliscono, meno tasse vengono pagate e più persone perdono il lavoro, ma allora hanno bisogno di assistenza pubblica e così aumentano le uscite dello Stato. Cresce il deficit di bilancio e la necessità dei Governi di indebitarsi in un circolo vizioso di fallimenti e riduzione del Welfare e crescita della povertà che toglie anche clienti alle aziende che sono costrette a licenziare parte del personale o chiudere del tutto e il ciclo si ripete.

È esattamente quello che sta succedendo nel 2020 in quasi tutto il mondo portando ad un calo del PIL che potrebbe superare il 10% in Italia e in molti altri paesi del mondo.

2. Danni ambientali

La seconda tendenza che da anni sta minando alla base la crescita economica mondiale sono i danni provocati dai disastri ambientali derivanti dalla crisi climatica: incendi, alluvioni, uragani, siccità.

Questi eventi sempre più frequenti provocano morte e danni materiali perché distruggono le infrastrutture, creano incertezza sul futuro e obbligano le comunità ad indebitarsi per provare a ricostruire, ma così facendo aggravano il problema del debito descritto al punto precedente.

I disastri ambientali spaventano però anche le aziende e come conseguenza esse possono decidere di ridurre gli investimenti o di chiudere. Tutto ciò porta ad una riduzione della crescita economica.

3. Crisi demografica

Le principali economie mondiali vedono invecchiare la propria popolazione e ridurre le nascite.

Diminuisce così il numero di persone che sono in grado di lavorare e di produrre le tasse che pagano le pensioni, la sanità e tutti gli altri servizi pubblici fondamentali per uno stato moderno. Per questo i Governi tendono ad indebitarsi così tanto anche se rischiano di andare in bancarotta.

La crisi Covid rischia di accelerare la crisi demografica perché in passato durante le crisi economiche molte famiglie hanno rimandato o rinunciato ad avere figli e si teme che questo fenomeno possa ripetersi su scala planetaria dal 2020 in poi.

Due soluzioni

Per le ragioni esposte sopra non sono ottimista circa la crescita economica mondiale nel decennio 2020-2030. Sarà un successo se l’umanità sarà riuscita a mantenere il livello di PIL del 2019, quindi pre-Covid, senza aumentare ancora il debito pubblico. Se invece i governi avranno continuato a far crescere il debito pubblico allora avranno semplicemente rinviato di qualche anno l’inevitabile.

È possibile però continuare a migliorare le condizioni di vita della maggior parte dell’umanità senza necessariamente aumentare il PIL mondiale. Per riuscirci si possono porre due obiettivi da perseguire contemporaneamente.

Il primo obiettivo è aumentare il reddito pro capite mediano, non medio, dell’umanità. Quando si calcola la media mondiale, un paio di miliardi di persone dal reddito medio-alto fanno crescere il reddito medio anche se i restanti 6 miliardi di esseri umani sono poveri. Il valore mediano indica invece il reddito della persona a metà classifica, che attualmente può guadagnare circa 2.500 dollari all’anno. Molto di meno del valore medio di oltre 4.000 dollari.

Per riuscire in questo obiettivo si deve ridurre la disuguaglianza tra ricchi e poveri ad esempio creando un reddito minimo garantito per ogni adulto della Terra da finanziare con una tassa mondiale sulle emissioni di carbonio così da affrontare anche la crisi climatica.

Il secondo obiettivo è ridurre drasticamente le nascite nei paesi dove questo valore è ancora superiore a due figli per donna, cioè principalmente in Africa e nel Medio Oriente più qualche altro paese asiatico. Contraccezione, formazione avanzata ed emancipazione delle donne sono le strade più conosciute per raggiungere questo obiettivo certamente difficile.

Siccome sono quasi tutti poveri i paesi nei quali nascono molti bambini, una rapida riduzione delle nascite permetterebbe ai Governi e alle famiglie di spendere molto di più per ciascun bambino così che possa svolgere da adulto un lavoro ad alto valore aggiunto che non può essere sostituito facilmente dalle macchine o dai software.

Si ridurrebbero anche gli enormi costi della sovrappopolazione, come ad esempio il problema della Nigeria o dell’Egitto di dover importare il cibo per decine di milioni di abitanti a spese dello Stato visto che il paese non è più in grado di produrre cibo per tutti i suoi cittadini, molti dei quali troppo poveri per pagare da soli il loro cibo. Non solo, la popolazione crescente fa allargare le città a scapito dei campi coltivati, peggiorando la situazione.

Come sostengo da anni, le soluzioni esistono per conciliare aumento del benessere delle persone e difesa dell’ambiente, ma i Governi del pianeta non vogliono sentire parlare di una diminuzione del PIL totale perché sanno che rischierebbero di non essere rieletti. Inoltre i politici subiscono la pressione delle aziende che vedrebbero crollare il loro valore di Borsa se si scegliesse la strada di una decrescita controllata della dimensione complessiva dell’economia mondiale.

Tocca a noi rivoluzionari ambientali fare come sempre la differenza

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